N.12 Novembre 2025
Locus | Magazine Digitale
HSL Advisors
- Premessa.
- La struttura delle misure protettive e cautelari nel CCII.
- Le peculiarità delle misure nella composizione negoziata della crisi.
- Tipicità e adattabilità delle misure protettive.
- Le misure cautelari e la loro strumentalità sui generis.
- La giurisprudenza recente: il caso del Tribunale di Vicenza.
- Rapporto tra misure cautelari, misure protettive atipiche e provvedimenti d’urgenza.
- Conclusioni.
Premessa. Le “misure protettive” e le “misure cautelari” nella composizione negoziata.
Con il presente, breve, intervento si intende offrire una rapida informazione, senza alcuna pretesa di natura scientifica, ma avendo cura di formulare deduzioni e rilevi rispettosi del vigente assetto normativo, in linea con l’attuale diritto “vivente”, che cioè tengano conto e diano conto della concreta applicazione operativa dell’istituto nella interpretazione della prevalente giurisprudenza di merito.
La disciplina delle misure protettive e cautelari rappresenta uno dei punti di maggiore complessità e innovazione del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), soprattutto a seguito dell’introduzione della composizione negoziata della crisi, quale strumento stragiudiziale di gestione anticipata delle situazioni di difficoltà aziendale.
Il legislatore, dapprima con il D.L. 24 agosto 2021 n. 118, poi con i successivi correttivi, ha previsto la possibilità per l’imprenditore di attivare misure temporanee a tutela del patrimonio e della continuità aziendale già nella fase delle trattative, superando la rigida logica processuale tipica delle procedure concorsuali tradizionali
La composizione negoziata della crisi è una procedura stragiudiziale, introdotta dal D.Lgs. 14 del 2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza), volta a favorire il risanamento dell’impresa in difficoltà mediante un percorso di trattativa assistita da un esperto indipendente.
Si tratta di un istituto di natura volontaria e confidenziale, si attiva tramite una istanza da depositare sulla piattaforma telematica nazionale (art. 17 CCII) e consente all’imprenditore di negoziare con i creditori soluzioni idonee a superare la crisi, anche avvalendosi di misure protettive e cautelari.
La composizione negoziata della crisi di impresa ha l’obiettivo di preservare la continuità aziendale e prevenire l’insolvenza, in un quadro di collaborazione tra debitore, creditori e istituzioni, secondo i principi di proporzionalità, buona fede e trasparenza.
Al fine di garantire e consentire un effettivo ed equilibrato svolgimento delle trattative volte alla risoluzione delle crisi, il legislatore ha previsto che l’impresa in difficoltà possa richiedere l’applicazione di misure protettive e cautelari, che hanno lo scopo pratico di consentire il fisiologico svolgimento delle attività di impresa, mentre si negozia il risanamento. Siffatta possibilità per l’imprenditore in crisi, che intende avviare il risanamento, è garantita dalla messa a disposizione di due leve giuridiche, modulabili: le misure protettive e le misure cautelari del Codice della Crisi (CCII).
Le misure protettive costituiscono una sorta di “scudo” temporaneo, chiesto dal debitore per evitare azioni dei creditori che possano ostacolare le trattative. Tali misure operano sin dalla fase negoziale e, se richieste e pubblicate, bloccano nuove o ulteriori esecuzioni e sospendono termini di prescrizione/decadenze, come previsto dalle norme di riferimento. Le misure protettive operano automaticamente a seguito della richiesta formulata dall’imprenditore e della successiva pubblicazione al Registro delle Imprese, ma vanno confermate dal competente Tribunale entro termini particolarmente stringenti.
Le misure cautelari, invece, sono atipiche e costituiscono una cautela “su misura” a tutela del patrimonio o dell’impresa, volta ad assicurare provvisoriamente gli effetti dello strumento che si vuole omologare (concordato o accordi) o del percorso negoziale; non hanno un catalogo chiuso: contano strumentalità allo scopo e proporzionalità del sacrificio che si chiede di imporre ai terzi.
Il complesso delle misure protettive e cautelari consente, pertanto, di fermare le azioni esecutive individuali, bloccare nuovi pignoramenti o iscrizioni cautelari sul patrimonio aziendale e sui beni/diritti strumentali all’attività (es. macchinari in leasing), così da non paralizzare la produzione. Il blocco è selettivo e può essere calibrato su singoli creditori. Detto complesso, inoltre, serve a tenere accesi i contratti indispensabili, potendosi richiedere l’adozione di provvedimenti che impediscono la sospensione e/o lo scioglimento dei contratti essenziali per la gestione corrente (forniture energia, affitti d’azienda, logistica). L’adozione delle misure protettive e cautelari, inoltre, contribuisce a stabilizzare la cassa durante le trattative, ben potendo la calibrata e specifica richiesta di misure mirate evitare che singoli creditori “strategici” alterino i flussi (es. escussioni o iniziative che drenano liquidità), quando ciò metterebbe a rischio il piano. Il Giudice, in tali casi, verifica l’utilità concreta per il risanamento e impone il minimo mezzo necessario. Con lo “scudo” attivo, e cioè nella pendenza delle misure protettive, non si può pronunciare la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale ed è possibile chiedere che non vengano risolti o anticipati i contratti pendenti solo per ritardi sul pagamento di crediti anteriori.
Le misure protettive e cautelari, peraltro, hanno la probabilità di essere confermate e/o disposte dal Giudice, esclusivamente, se c’è fumus boni iuris (seria probabilità di risanamento) e periculum in mora (rischio concreto del fallimento delle trattive in assenza delle misure). Le misure non vengono accordate se diventano uno “scudo totale” slegato dal piano. Tentativi di sterilizzare ogni diritto della controparte senza collegamento operativo al risanamento sono respinti per difetto di strumentalità e proporzionalità.
Come già innanzi accennato, nella composizione negoziata le misure protettive si attivano con l’istanza e la pubblicazione; poi occorre chiederne la conferma al Tribunale competente entro i termini previsti dall’art. 19 del CCII e cioè, entro il giorno successivo alla pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione dell’esperto.
Le misure protettive e cautelari possono essere considerate come degli interruttori selettivi. Non spengono il mercato, bensì spengono, temporaneamente e con precisione, solo quelle manovre che farebbero saltare le trattative o la produzione. Per ottenerle serve spiegare perché servono, a chi si applicano, per quanto tempo e come aiutano a chiudere l’accordo senza pregiudicare ingiustificatamente i diritti dei terzi creditori. Quando questa logica è chiara, la legge consente un’ampia personalizzazione delle misure cautelari da valutare e verificare caso per caso.
2. La struttura delle misure protettive e cautelari nel CCII.
L’art. 2 del CCII distingue nettamente le misure protettive da quelle cautelari.
Le prime sono misure temporanee richieste dal debitore per evitare che azioni dei creditori possano compromettere le iniziative di risanamento; le seconde sono provvedimenti del Giudice volti ad assicurare provvisoriamente gli effetti delle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza.
Tale distinzione teorica, tuttavia, trova applicazione complessa nella prassi, soprattutto laddove la procedura di riferimento, come nel caso della composizione negoziata, non è giudiziale ma stragiudiziale.
3. Le peculiarità delle misure nella composizione negoziata della crisi.
La composizione negoziata si fonda sull’autonomia dell’imprenditore e sull’assistenza di un esperto nominato dalla Camera di commercio. L’art. 6 del D.L. 118/2021 consente all’imprenditore, con l’istanza di nomina dell’esperto, di chiedere l’applicazione delle misure protettive del patrimonio, che producono effetti automaticamente dal momento della pubblicazione nel registro delle imprese.
Il sistema conferma poi la necessità di convalida giudiziale, affidata al Tribunale competente, entro termini rigorosi. Con lo stesso ricorso l’imprenditore può richiedere l’adozione di provvedimenti cautelari, ulteriori ed atipici, funzionali alla conduzione delle trattative, come sospensioni contrattuali o inibizioni di azioni esecutive.
L’architettura normativa mostra una flessibilità inedita: il Giudice può limitare o ampliare le misure, calibrandole su singoli creditori o categorie, secondo criteri di proporzionalità e funzionalità al risanamento. Ne deriva un modello dinamico e adattabile, coerente con la logica negoziale e preventiva che ispira l’intera riforma.
4. Tipicità e adattabilità delle misure cautelari e protettive.
Le misure cautelari nella composizione negoziata non sono tipiche in senso stretto. Il legislatore ne ha delineato un nucleo essenziale (divieto di azioni esecutive, sospensione di garanzie, inibizione di iniziative conservative), ma ha lasciato spazio ad applicazioni creative, purché coerenti con l’obiettivo di favorire il buon esito delle trattative.
L’esperienza giurisprudenziale dimostra come tali misure possano estendersi a situazioni differenti, come la sospensione di contratti di leasing, il differimento di segnalazioni alla Centrale dei rischi o la richiesta di rilascio del DURC in deroga a pregresse inadempienze, qualora funzionali alla prosecuzione dell’attività d’impresa.
5. Le misure cautelari e la loro strumentalità sui generis
Le misure cautelari collegate alla composizione negoziata non sono riconducibili al modello processuale classico, poiché non esiste un giudizio di merito cui esse siano funzionali. La loro strumentalità è, quindi, “sui generis”: esse sono dirette a garantire il buon esito delle trattative e non la futura efficacia di una sentenza.
Il fumus boni iuris si radica nella ragionevole prospettiva di risanamento, mentre il periculum in mora si misura sul rischio di compromissione di tale prospettiva. Ciò consente al Giudice una valutazione elastica e fortemente legata alle concrete esigenze dell’impresa, aprendo la via a una personalizzazione della tutela.
6. L’esperienza applicativa delle misure protettive e cautelari, come risultanti dalla analisi della più recente giurisprudenza di merito.
Come già evidenziato sin dalle premesse introduttive, l’evoluzione del diritto della crisi d’impresa, segnata dal Codice della Crisi e dell’Insolvenza (CCII) e dai suoi correttivi del 2024, ha ridisegnato la funzione delle misure protettive e cautelari, trasformandole da strumenti eccezionali di sospensione dei diritti dei creditori a veri strumenti funzionali di sostegno alle trattative di risanamento.
La composizione negoziata, introdotta dal D.L. 118 del 2021, rappresenta oggi l’archetipo di tale riforma: uno spazio protetto di dialogo fra debitore e creditori, assistito da misure cautelari calibrabili, temporanee e proporzionate.
Le recenti pronunce di alcuni Tribunali, tra cui Vicenza, Mantova, Milano e Genova, insieme agli orientamenti emersi anche nelle corti di Bologna, Verona, Parma e Catania, hanno ulteriormente contribuito a precisare quando, come e fino a che punto tali misure possono incidere sui rapporti patrimoniali, sulle garanzie di terzi e sulle azioni esecutive, delineando una giurisprudenza in rapido consolidamento.
La giurisprudenza più recente ha anche chiarito che l’accesso alle misure protettive non è limitato a imprese in crisi “reversibile” in senso stretto, ma si estende anche a imprese in stato di insolvenza reversibile, cioè ancora recuperabili attraverso apporti esterni o operazioni straordinarie.
Il Tribunale di Mantova (con la pronunzia del 4 dicembre 2024) ha, in particolare, riconosciuto la possibilità di concedere misure protettive anche in presenza di insolvenza conclamata, purché ragionevolmente superabile, valorizzando la logica europea della Direttiva Insolvency 2019/1023 e l’art. 12 CCII.
Il Giudice lombardo ha ammesso che la composizione negoziata possa accompagnarsi a piani sostanzialmente liquidatori, se questi conducono a un “risanamento oggettivo”, cioè a una migliore soddisfazione dei creditori rispetto alla liquidazione giudiziale e a una preservazione di valore complessiva (anche mediante vendita ordinata di asset o apporto di capitali esterni).
Il principio supera la rigida equazione tra risanamento e continuità aziendale, accogliendo una nozione più ampia, che include anche il recupero del valore economico attraverso strumenti misti di continuità e dismissione.
Alcune pronunzie dei Tribunali di Roma, Bergamo, Milano, Viterbo, Lecce e Bologna confermano che l’insolvenza non esclude l’accesso alla composizione negoziata, se vi è una prospettiva realistica di riequilibrio economico-finanziario.
L’esame del complesso delle pronunzie innanzi, genericamente, richiamate e tutte coerenti con l’art. 18 CCII, rende manifesto che l’obiettivo della disciplina è evitare la disgregazione del patrimonio e la dispersione dei valori – inclusi gli intangibles e il capitale relazionale dell’impresa – prima ancora che intervenire sulla struttura debitoria.
Secondo questa linea, le misure protettive operano come strumento anti-dissipativo, capace di congelare per un tempo limitato le aggressioni individuali, favorendo una gestione ordinata delle trattative e la predisposizione di soluzioni cooperative.
La giurisprudenza più recente ha, altresì, ampliato il campo delle misure cautelari atipiche, riconoscendo che esse possono avere per oggetto non solo il patrimonio del debitore, ma anche i rapporti con i terzi garanti, quando le garanzie sono funzionali al risanamento.
Il Tribunale di Genova (con la pronunzia del 17 febbraio 2025) ha escluso la possibilità di vietare l’escussione delle garanzie prestate per obblighi sul mercato elettrico (GME), poiché norme speciali (art. 30, L. 99/2009) ne impongono l’intangibilità; lo stesso ha tuttavia ammesso la possibilità di inibire l’escussione di garanzie fornite da soci o amministratori, che abbiano messo a disposizione risorse esterne destinate al salvataggio aziendale, riconoscendo la funzione strumentale della misura rispetto al risanamento.
Analogo orientamento emerge dalla lettura del provvedimento del Tribunale di Milano dell’8 febbraio 2025, secondo cui il divieto di escussione può essere concesso solo se non comporta un deterioramento del patrimonio del garante, tale da alterare l’equilibrio contrattuale del creditore e compromettere la parità negoziale. Il Giudice milanese sottolinea il principio dell’equilibrio bilaterale della tutela cautelare, che deve bilanciare l’interesse dell’impresa alla stabilità delle garanzie con quello del creditore alla conservazione della loro effettività.
Le corti di merito hanno progressivamente esteso il catalogo delle misure cautelari concedibili nell’ambito della composizione negoziata.
Esempi ricorrenti includono:
- divieto di negoziare assegni postdatati emessi dal debitore (Trib. di Salerno, 2 novembre 2023);
- sospensione dei pagamenti fiscali e previdenziali e delle rateizzazioni in corso (Trib. di Catania, 25 luglio 2022);
- inibizione ai promissari acquirenti dal recedere o chiedere la risoluzione dei preliminari immobiliari (Trib. di Parma, 15 luglio 2023);
- sospensione dei contratti bancari di affidamento e factoring, con divieto alle banche di compensare o revocare linee di credito (Trib. Parma, 10 luglio 2022).
Rimangono invece inammissibili le richieste prive di base normativa o che incidano su competenze riservate ad altri giudici, come:
- dichiarare inefficaci ipoteche giudiziali (Trib. di Bergamo, 24 febbraio 2022);
- ordinare lo sblocco di conti pignorati, materia riservata al Giudice dell’esecuzione (Trib. di Padova, 20 luglio 2022).
L’orientamento prevalente tende a riconoscere una elasticità contenutistica delle misure, ma entro i confini della strumentalità (devono servire a favorire il risanamento) e della proporzionalità (devono essere necessarie e temporanee).
Dalla lettura congiunta dei provvedimenti di Milano e Genova emerge un principio chiave: le misure cautelari e protettive non possono tradursi in una sterilizzazione integrale delle pretese creditorie, pena la perdita di proporzionalità e la violazione della simmetria negoziale.
Il Giudice deve, caso per caso, dosare la portata della misura in relazione all’effettiva utilità per la trattativa e alla necessità di non compromettere il diritto dei creditori a non subire un deterioramento della garanzia patrimoniale.
In quest’ottica, la misura cautelare non è un “privilegio difensivo” del debitore, ma un mezzo cooperativo volto a preservare le condizioni minime per un accordo condiviso.
Le decisioni dei Tribunali di Arezzo del 16 aprile 2022, di Siracusa del 14 settembre 2022 e di Perugia del 15 luglio 2024 hanno chiarito che l’accesso alla composizione negoziata è compatibile con lo stato di liquidazione, purché non vi sia insolvenza irreversibile e permanga una prospettiva di riequilibrio economico.
In tali casi, il concetto di “risanamento” può comprendere il riequilibrio patrimoniale tramite vendita di asset e pagamento parziale dei creditori, senza necessaria ripresa produttiva.
Il risanamento oggettivo, richiamato anche dal Tribunale di Mantova, diviene così un paradigma flessibile: la composizione negoziata può operare come strumento di liquidazione controllata e valorizzazione progressiva dell’impresa, purché orientata alla conservazione di valore e alla tutela del ceto creditorio nel suo complesso.
La giurisprudenza recente, pertanto, mostra come il sistema delle misure protettive e cautelari si stia evolvendo verso una tutela calibrata, differenziata e proporzionata, coerente con la direttiva europea sulla ristrutturazione preventiva.
Tre linee di tendenza emergono chiaramente:
- Ampliamento dell’accesso: anche imprese insolventi, ma recuperabili, possono beneficiare delle misure se dimostrano concrete prospettive di risanamento.
- Estensione funzionale: le misure possono riguardare anche garanzie di terzi o rapporti contrattuali, purché strumentali al piano.
- Centralità del controllo giudiziale: il Giudice assume un ruolo attivo di equilibratore, chiamato a ponderare costantemente gli interessi in gioco e a verificare la coerenza delle misure con la funzione di risanamento.
In questa prospettiva, le misure protettive e cautelari non rappresentano più soltanto un arresto momentaneo delle azioni dei creditori, ma uno strumento di ingegneria preventiva della crisi, destinato a favorire il dialogo, a mantenere la fiducia dei finanziatori e a proteggere la continuità aziendale come valore economico e sociale.
Riguardo agli spunti di riflessione critica circa la modulabilità e l’ammissibilità delle richieste di misure protettive e cautelari, nel panorama giurisprudenziale si segnala il caso del Tribunale di Vicenza che, seppure riferito all’applicazione delle misure cautelari con riferimento allo strumento del concordato preventivo e non della composizione negoziata, appare comunque esemplificativo delle possibili problematiche che l’imprenditore, e, soprattutto, il professionista dallo stesso incaricato, ai fini dell’ottenimento delle misure protettive e cautelari, sono chiamati a valutare.
Nella delineata prospettiva il Tribunale di Vicenza, nel riformare un provvedimento cautelare ex art. 54, comma 1, CCII con il quale era stata inibita a istituti di credito l’escussione di garanzie pubbliche, fornisce un contributo di particolare rilevo nell’attuale temperie giuridica.
Il Tribunale di Vicenza ha ritenuto che una misura cautelare di tal genere possa essere concessa solo se idonea ad assicurare provvisoriamente l’attuazione della futura sentenza di omologazione dello strumento di regolazione, escludendola invece quando la fattibilità della proposta appaia compromessa o incerta.
La decisione introduce un principio di grande rilievo: la misura cautelare, per essere giustificata, deve mantenere una relazione di effettiva funzionalità con l’obiettivo del risanamento. Se le sopravvenienze rendono improbabile la riuscita della procedura, viene meno la ragione stessa della tutela provvisoria.
Il Tribunale di Vicenza ha, inoltre, escluso l’inibitoria fondata su una pretesa abusiva concessione del credito, evidenziando come la misura cautelare concorsuale non possa supplire alle tutele civilistiche ordinarie. Il Giudice ha richiesto, per legittimare una simile domanda, la prospettazione di un’azione di nullità dei mutui, l’eventuale sostituzione degli amministratori, la costituzione di accantonamenti e la rappresentazione ai creditori dei diversi scenari di rischio.
7. Rapporto tra misure cautelari, misure protettive atipiche e provvedimenti d’urgenza
La distinzione funzionale tra misure cautelari e protettive, pur basata su un comune fine di tutela dell’impresa in crisi, resta essenziale.
Le misure cautelari dell’art. 54, comma 1, CCII sono rivolte ad assicurare l’attuazione di un provvedimento giurisdizionale (omologazione o apertura della procedura), mentre le misure protettive del comma 2 favoriscono il buon esito delle iniziative negoziali o concordatarie.
Il giudizio cautelare assume, quindi, un carattere prognostico: valuta la probabilità di successo dello strumento prescelto e la coerenza della misura richiesta con tale probabilità. Ciò comporta un controllo giurisdizionale costante sull’evoluzione delle trattative e sulla tenuta della prospettiva di risanamento.
Sul piano sistematico, emerge poi il tema dell’interferenza tra misure concorsuali e provvedimenti d’urgenza ex art. 700 c.p.c. Poiché l’art. 55 CCII stabilisce che le misure dell’art. 54 perdono efficacia con l’omologazione, si pone la questione della continuità della tutela. La giurisprudenza più recente suggerisce la possibilità di richiedere contestualmente un provvedimento d’urgenza destinato a operare dopo l’efficacia delle misure concorsuali, assicurando così una “saldatura” tra tutela concorsuale e tutela civilistica.
Tale impostazione, pur non priva di difficoltà teoriche, offre un approccio coerente con la finalità di effettività della protezione, evitando vuoti di tutela e valorizzando la funzione integrativa del Giudice della cautela.
8. Conclusioni
Il sistema delle misure protettive e cautelari delineato dal CCII e dal D.L. 118/2021 rappresenta un esempio di diritto flessibile e di giustizia “su misura” dell’impresa in crisi.
La composizione negoziata, in particolare, offre un modello di intervento calibrabile sul caso concreto, dove il Giudice assume un ruolo di garante della proporzionalità e della coerenza delle misure rispetto all’obiettivo del risanamento.
La giurisprudenza di merito sta progressivamente precisando i confini tra tutela concorsuale e tutela ordinaria, riaffermando la necessità di ancorare ogni misura cautelare o protettiva a una concreta possibilità di successo dello strumento di regolazione.
Ne deriva un sistema più sofisticato ma anche più coerente con la logica europea della Direttiva Insolvency: prevenire l’insolvenza attraverso strumenti tempestivi, proporzionati e adattabili, capaci di accompagnare l’impresa lungo l’intero percorso del risanamento, proprio grazie al sapiente e calibrato utilizzo coordinato di istituti predisposti dal legislatore per consentire il risanamento dell’impresa, quali la composizione negoziata, gli accordi di ristrutturazione, il concordato preventivo, in combinazione con le misure, protettive e cautelari, funzionali a consentire proprio esperimento dei rimedi di risoluzione della crisi, scongiurando e paralizzando ogni iniziativa, da parte dei terzi creditori, che possa pregiudicare la buona riuscita dell’attività di risanamento avviata dall’imprenditore, a condizione della serietà dell’iniziativa e della positiva verifica della esistenza dei presupposti di fattibilità del risanamento come risultanti dal piano e dalla proposta del debitore.