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N.4 Marzo 2025
Locus | Magazine Digitale
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La sezione lavoro del Tribunale di Nola, con la recente sentenza n. 1570/2024, ha affermato che il potere attribuito al giudice del lavoro di ammettere d’ufficio ogni mezzo di prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile, non può riguardare anche il requisito di forma scritta, prescritto “ad substantiam” per la lettera di licenziamento.

La decisione segnalata riguarda la questione, già in precedenza affrontata dalla Suprema Corte (cfr. Cass., 3 giugno 2015, n. 11479 e da ultimo Cass., ordinanza 8 settembre 2022, n. 26532), circa la non ammissibilità della prova per testi della circostanza relativa all’avvenuta consegna, nelle mani del lavoratore, della lettera di licenziamento, ai fini della dimostrazione,
da parte del datore di lavoro, dell’assolvimento del requisito della forma scritta, prescritta a pena di nullità dall’art. 2 legge 604/1966 per il recesso, fatta eccezione per l’ipotesi prevista dall’art. 2724 n. 3 c.c., riguardante il caso in cui il documento sia andato perduto senza colpa: secondo i Giudici di legittimità esso comporta un divieto di testimonianza che, attenendo a norma di ordine pubblico, ne importa l’inammissibilità, rilevabile anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio.

Normativa di riferimento

Al riguardo, e prima di esaminare nel dettaglio la sentenza in commento, e vedere dove si colloca nel panorama giurisprudenziale di riferimento, appare utile soffermarsi brevemente sulle disposizioni normative applicabili al caso di cui si discute.
In materia di licenziamento, e in deroga al principio generale della libertà di forma, l’ordinamento impone al datore di lavoro che esso venga comunicato per iscritto, con indicazione specifica delle motivazioni, come prescritto dalla legge n. 604/1966 (e successive modifiche), e dalla legge n. 92/2012 (c.d. Fornero): la normativa non richiede che si utilizzino forme sacramentali, purché la volontà risulti comunque chiara ed univoca.

Pertanto, per la comunicazione del licenziamento è richiesta la forma scritta ad substantiam e, trattandosi di atto unilaterale recettizio, affinché spieghi i dovuti effetti, deve pervenire al lavoratore (art. 1334 cod. civ.), presumendosi la conoscenza realizzata al momento della consegna all’indirizzo del destinatario, salvo la prova di una incolpevole impossibilità di effettiva conoscenza (art. 1335 cod. civ.).
Ed invero, ai sensi dell’art. 2725 cod. civ. (Atti per i quali è richiesta la prova per iscritto o la forma scritta): “Quando, secondo la legge o la volontà delle parti, un contratto deve essere provato per iscritto, la prova per testimoni è ammessa soltanto nel caso indicato dal n. 3 dell’art. 2724 cod. civ.” ovvero sia “quando il contraente ha, senza sua colpa, perduto il documento che gli forniva la prova”.
La stessa regola si applica nei casi in cui la forma scritta è richiesta sotto pena di nullità.

Il Fatto affrontato e l’esito del giudizio di merito

Il lavoratore impugna il licenziamento, irrogatogli (in data 30.11.2022), in quanto avvenuto oralmente; la società resistente, afferma di aver tentato la consegna della lettera di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, tuttavia rifiutata dal lavoratore, il tutto alla presenza di un suo collega.

Il Tribunale di Nola, con sentenza in esame, specifica che il divieto di testimonianza non è superabile ex art 421 cc comma 2 prima parte, poiché la norma, nell’attribuire al giudice del lavoro “il potere di ammettere d’ufficio ogni mezzo di prova, anche fuori dai limiti stabiliti dal Codice civile”, si riferisce non ai requisiti di forma previsti, bensì ai limiti fissati alla prova testimoniale (cfr. Cass n. 11479/2015).
Ebbene, il Tribunale dei Nola, nel riferirsi al testo degli ermellini (di cui alla citata sentenza del 2015), ha dichiarato l’inefficacia del licenziamento intimato al dipendente con comunicazione scritta che, a dire del datore, avrebbe rifiutato di ricevere, per non avere la società provato, come era suo onere, di avere adempiuto con la forma scritta richiesta ad substantiam, e non essendo ammissibile la prova testimoniale sul punto: “(…) quanto affermato da detta sentenza non risulta smentito dal consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui, in estrema sintesi, il datore di lavoro può provare per testi la consegna della lettera di licenziamento ed il rifiuto da parte del lavoratore di riceverla (Cass. 22717/2015; Cass. 7390/2013;

Cass. 23061/2007) ciò in quanto (vedi espressamente la prec. Cass 1149/15 e in motivazione anche Cass. 23061/07) una cosa è la forma dell’atto contenente la manifestazione di volere recedere dal rapporto (e questa può essere solo scritta), altro è il mezzo della concreta trasmissione dell’atto medesimo (…)” (Tr. Nola 1570/2024 p.6) Pertanto, applicando i principi sopra espressi, e data la coincidenza dei fatti ivi enunciati, (licenziamento che il lavoratore impugna come orale, mentre parte datoriale sostiene essere stato intimato per iscritto per avvenuta consegna a mani proprie di una lettera, circostanza da provare per testi), secondo il Tribunale di Nola, qualora sia in contestazione la consegna della lettera di licenziamento, tale modalità di comunicazione non può essere oggetto di prova orale, poiché diversamente, “la testimonianza conterrebbe inevitabilmente la prova orale dell’esistenza scritta di un atto per il quale la forma è richiesta ad substantiam”, allorché il divieto di prova orale, su atti di cui la legge prevede la forma scritta a pena di nullità sancito dall’art. 2725 c.c., non è superabile attraverso l’esercizio dei poteri istruttori del giudice del lavoro.

Al secondo punto, il giudice del Tribunale di Nola accoglie la possibilità di rinnovare il licenziamento, laddove esso si risolve nel compimento di un negozio diverso dal precedente, esulando dallo schema dell’art. 1423 c.c. (Inammissibilità della convalida), diretto ad impedire la sanatoria di un negozio nullo con effetti ex tunc, e non a comprimere la libertà delle parti di reiterare la manifestazione della propria autonomia negoziale (Cass n 6733/13 e n.11641/18): “È consentita la rinnovazione del licenziamento, nullo per vizio di forma, in base agli stessi motivi posti a fondamento del precedente inficiato di nullità o comunque inefficacia, purché sia adottata la forma prevista ex lege omesse nella precedente intimazione, dal momento che opera ex nunc, avendo il Giudice facoltà di ricavare la data del licenziamento dalla comunicazione Unilav, se questa correttamente trasmessa al lavoratore, quando non vi è dubbio sulla ricezione della stessa da parte di quest’ultimo” (cfr Suprema Corte sentenza n.28120/17) In conclusione il Tribunale di Nola, con l’interessante sentenza oggetto di queste mie brevi osservazioni, ha dichiarato nullo il licenziamento irrogato al 30.11.2022, per mancanza di forma ad substantiam, e legittimamente estinto il rapporto di lavoro al 01.12.2022, data in cui, lo stesso, è stato formalmente rinnovato.

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