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N.11 Ottobre 2025
Locus | Magazine Digitale
HSL Advisors

Brevi Osservazioni alla sentenza Tribunale di Nola_ Sez. lav. n. 1014/2025.

Il rapporto di Apprendistato è disciplinato dal D.Lgs. n. 81/2015, (artt. 41-47), che lo inquadra come un contratto di lavoro a tempo indeterminato “finalizzato alla formazione e all’occupazione dei giovani” (cfr art. 41). Si articola in tre tipologie:

  1. Apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, per i giovani dai 15 ai 25 anni compiuti, finalizzato a conseguire uno delle predette qualificazioni in ambiente di lavoro;
  2. Apprendistato professionalizzante, per i giovani dai 18 e i 29 anni compiuti, finalizzato ad apprendere un mestiere o a conseguire una qualifica professionale;
  3. Apprendistato di alta formazione e ricerca, per i giovani dai 18 e i 29 anni compiuti, finalizzato al conseguimento di titoli di studio universitari e dell’alta formazione, compresi i dottorati di ricerca, i diplomi relativi ai percorsi degli istituti tecnici superiori, per attività di ricerca nonché per il praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche.

L’art. 42 del D.Lgs. n. 81/2015 prevede il rispetto di alcuni principi generali di seguito elencati:

  • Forma: il contratto, il patto di prova e il piano formativo individuale devono essere stipulati in forma scritta.
  • Durata: la durata minima è di 6 mesi.
  • Retribuzione: determinata dalla contrattazione collettiva tra il sistema del sottoinquadramento e quello della percentualizzazione.
  • Tutor aziendale: nel rapporto di apprendistato deve essere individuata la figura del tutore o referente aziendale.
  • Recesso: le parti non possono recedere dal contratto durante il periodo di formazione in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo; se nessuna delle parti esercita la facoltà di recesso al termine del periodo di formazione, il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Stante la centralità della formazione nel contratto di apprendistato, sancita dal richiamato Decreto legislativo (c.d. Jobs Act), la sentenza del Tribunale di Nola, oggetto di queste brevi Osservazioni, desta particolare interesse nella misura in cui sostiene la nullità del contratto di apprendistato, per il quale non è stata svolta l’attività formativa necessaria all’acquisizione della specifica professionalità, considerato che lo scopo fondamentale del contratto di apprendistato/formazione e lavoro, è quello di “favorire l’ingresso guidato dei giovani nel mondo del lavoro”.

In particolare il Tribunale di Nola richiama il principio, già in precedenza affermato dai Giudici della Corte di Cassazione, che (cfr sentenza n° 1324 del 26.01.15) hanno sostenuto la trasformazione, ex tunc, del contratto di formazione e lavoro in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, qualora l’inadempimento degli obblighi di formazione abbia avuto una “obiettiva rilevanza”, cioè tale da determinare una “(…) totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e trasfusi nel contratto (…)”, e pertanto tale da concretizzarne fin dall’inizio la sua trasformazione.

Fatta questa preliminare premessa, il Tribunale ha poi affrontato la questione inerente la declaratoria di nullità/illegittimità del recesso datoriale, esercitato ai sensi dell’art. 42 comma 4 d.lgs. 81/2015. Ebbene, in ragione di quanto precede, la comunicazione di recesso, per scadenza del termine del contratto di apprendistato, deve qualificarsi quale licenziamento non sorretto da giusta causa né da giustificato motivo, come tale illegittimo, essendo intervenuta quando il rapporto era già da considerarsi trasformato in subordinato a tempo indeterminato.

La Cassazione (Cass. n. 9544 del 2025) chiarisce inoltre che “(…) per quanto attiene alle tutele per i vizi della motivazione del licenziamento nelle imprese superiori a 15 dipendenti occorre distinguere «tra mancata specificazione dei motivi relativi alla giustificazione comunque addotta e mancanza della motivazione o carenza dei motivi che non consenta di pervenire alla identificazione di alcuna ragione giustificativa. Si tratta di una gradazione funzionale alla garanzia dell’esercizio del diritto di difesa che la motivazione del licenziamento mira ad assolvere, posto che la mancanza di motivazione o la sua assoluta genericità pregiudica totalmente le esigenze difensive del lavoratore (…) Pertanto, solo nella ipotesi in cui risulti un difetto formale nella specificazione dei motivi della causale comunque addotta, è possibile applicare l’ipotesi della tutela risarcitoria del sesto comma dell’art. 18; invece, nella diversa e più grave ipotesi in cui non sia stata addotta alcuna motivazione ovvero quella addotta sia estremamente generica e inidonea alla identificazione, neppure in linea di massima, di una ragione giustificativa, occorre applicare la tutela reale attenuata prevista dal quarto comma dell’art. 18. (…) La mancanza della motivazione produce in tal caso l’illegittimità del licenziamento per mancanza di giustificazione (qualificata) e, nel regime dimensionale sopra i 15 dipendenti, conduce alla mancanza del fatto con la relativa tutela. Sulla tutela indennitaria stabilita per il caso di inefficacia reagisce e prevale, quindi, la tutela per ingiustificatezza (insussistenza del fatto) con la tutela reintegratoria attenuata (…) Non vi è dubbio infatti che nella stessa ipotesi di carenza di motivazione – di cui si discute pacificamente in questo giudizio – manchi in pari tempo anche la ragione giustificativa del licenziamento, con applicazione della tutela di cui al quarto comma dell’articolo 18, atteso che in tale ipotesi, non è possibile procedere neppure alla identificazione di alcun fatto (disciplinare o organizzativo) (…)” Alla luce della conversione del contratto di apprendistato a termine, in ordinario contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, il recesso appare del tutto immotivato, e pertanto il Tribunale di Nola ha accolto la domanda di annullamento dell’irrogato licenziamento, con condanna della società alla reintegrazione della ricorrente nel posto di lavoro, e al pagamento di un’indennità risarcitoria, commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione, comunque non superiore a dodici mensilità.

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